venerdì 30 settembre 2016

Saru, la lussuria e i lussuriosi

Una volta lesse che il lussurioso è portato a concentrarsi solo su alcuni aspetti del partner come il corpo che diventa il polo dell’attrazione erotica. In tal modo tenderebbe a escludere tutto il resto e arriverebbe a oggettivare quel corpo e a spersonalizzare la persona. Da qui la convinzione di chi scriveva che così facendo il lussurioso non solo non conoscerebbe l’intesa psicologica e affettiva, ma avrebbe anche paura del confronto con un altro essere umano nel quale è possibile rispecchiarsi. Quindi concludeva dicendo che il lussurioso non si vuole specchiare, non si vuole vedere, non si vuole confrontare. Per la religione dominante la lussuria causerebbe un grave turbamento della ragione e della volontà, un accecamento della mente, un egoistico amore di sé che condurrebbe alla negazione dell’amore per il prossimo e all’incapacità di controllare le proprie passioni.
Argomenti assolutamente lontani da Rosario Santacroce che riteneva il corpo importante alla stregua della mente da dove partiva il contatto. Grazie a questo mix giungeva l’appagamento fisico che portava in dote la serenità dell’anima e della mente, l’acquietamento delle pulsioni, l’azzeramento dei problemi, lo spegnimento della propensione violenta e la gioia della condivisione. Se una persona non riusciva a catalizzarne l’interesse, se non riusciva a catturarne la mente difficilmente finiva nel suo letto. A Saru non interessava la semplice ginnastica da camera come è un rapporto sessuale privo di qualsiasi nutrimento psicologico e mentale. Amava il gioco della seduzione che per essere praticato richiede di per sé capacità incompatibili con il non confronto, la superficialità e l’ignoranza. Soprattutto non tollerava l’egoismo in camera da letto…
(Gioco mortale – Capitolo 7 – La lussuria)

mercoledì 28 settembre 2016

Saru, gli atzechi e la grotta dell’amore

Andò dritto verso la sua femminilità abbeverandosi a quella che gli atzechi chiamavano la grotta dell’amore. Le fece sentire a lungo la voglia che aveva di lei finché, ormai pronta, non la penetrò insinuandosi tra le gambe ornate. Avrebbe potuto venire subito riempiendola con il suo nettare e invece il gioco durò parecchio. Le lingue cominciarono a cercarsi e a sfidarsi rincorrendosi in una sorta di danza indemoniata, vogliose di gustarsi il sapore che già sapevano avrebbe inebriato le menti. L’uno abbandonato nella morsa dell’altra per dare corpo all’idea di pos-sesso che non avrebbe mai limitato la libertà dell’altro. Contribuiva il desiderio ad alimentare quelle catene immaginarie che li stava legando in un sentimento che rendeva il loro gioco sempre più esaltante e unico. I colpi erano forti, decisi e ritmati come le risposte di lei che non amava stare impassibile mentre il maschio le offriva in dono quello che le spettava di diritto. Si immolava a quella divinità del sesso di cui era l’unico sacerdote con il potere di attraversare le porte del tempio sacro. Nella stanza non volteggiò neppure una parola, solo gemiti di piacere. Involontarie espressioni di godimento sfuggite al silenzioso controllo imposto dalla cerimonia sacrificale dei sensi e delle menti. Seguì l’esplosione che liberò i corpi dal flagello della sublimazione.
(Gioco mortale – Capitolo 25 – Cibo e sesso)

Gioco mortale, lussuria, Dante e D’Annunzio

Per un istante si fermò a sbirciare in quella grande scatola che custodiva gelosamente e tirò fuori un altro ricordo che lo aveva visto protagonista in una delle tante serate trasgressive che pure si era concesso e goduto. D’accordo con il vate D’Annunzio che l’aveva eliminata dalla lista di proscrizione, la lussuria non era un peccato almeno per come la viveva lui che pure era cattolico praticante. Non le dava un’accezione negativa perché non ne comandava le azioni e non ne gestiva l’anima. Non si riteneva in balia delle pulsioni incontrollate che adorava coccolare convinto com’era che reprimerle poteva essere peggio che sfogarle. Amava certamente sperimentare, ma fino a quel momento aveva dimostrato di conoscere il limite oltre il quale non sarebbe mai andato. Per la continua ricerca di nuovi orizzonti il dottor Faust forse gli somigliava un pochino e come lui era sicuro di non correre il rischio di perdere l’anima.
Era certo di non smarrire se stesso perché ogni percorso che intraprendeva aveva i suoi tempi e soprattutto ne conosceva e rispettava il giusto e necessario equilibrio. Così come era sicuro di non essere destinato a varcare la soglia del secondo cerchio dell’Inferno dantesco perché riteneva di non appartenere alla schiera de “i peccator carnali che la ragion sommettono al talento”. Curioso com’era, avrebbe fatto volentieri compagnia al Sommo Poeta pur di incrociare gli sguardi di Francesca da Polenta, Semiramide, Didone, Cleopatra o Elena di Troia. Perché conoscere delle belle donne era per lui uno sforzo che si poteva quantomeno tentare o un pericolo che si poteva correre. Anche se, stavolta, la paura di morire lo stava mettendo a dura prova.
(Gioco mortale – Capitolo 7 – La lussuria)

Trasgressione senza segreti in Gioco mortale

La trasgressione non avrà più segreti una volta letto Gioco mortale – delitto nel mondo della trasgressione, la seconda avventura del cronista salentino Rosario Saru Santacroce. Seguendo le indagini sull’omicidio di un ricco licenzioso, farete i conti con Carl Jung e Freud; imparerete cos’è una gang bang; cuck e sweet non saranno più termini sconosciuti; il cuckoldismo non sarà più un mistero; il marchese De Sade vi sembrerà un amico burlone della vostra infanzia; quando sentirete parlare di un bull non penserete più all’andamento dell’economia. Infine, ne scoprirete delle belle sullo scambio di coppia, la lussuria, i club privè, l’amico di coppia, le saune naturiste e i giochi in spiaggia. Il pensiero unico massificato, voyeur e pruriginoso, definisce corrotto, perverso e malato il mondo della licenziosità. Si tratta invece di un mondo che è solo l’immagine riflessa di ciò che siamo e di ciò che probabilmente sogniamo ma senza avere il coraggio di viverlo per davvero. Perché, come spiega Saru, parafrasando Jung, la libido non è solo una pulsione sessuale come la definiva Freud, ma una forma di energia psichica che costituisce per l’uomo una spinta vitale che va al di là dell’ambito esclusivamente sessuale acquistando il valore di una vera e propria trasformazione spirituale. Perché la stagnazione della libido, tanto quanto una diga che accumula senza una valvola di sfogo, può essere distruttiva per il soggetto dando luogo a nevrosi, isteria, ansia, depressione, ossessione, fobia e psicosi. Ancora una volta Saru infarcisce il racconto con citazioni salentine ed esalta la vita in tutte le sue sfaccettature. E siccome il sesso ne è una costante importante vive la propria intimità con spettacolare teatralità e con naturalezza tanto da farla sembrare facilmente realizzabile. Da qui il messaggio: meno sovrastrutture, meno tabù e più consapevolezza di se stessi e delle proprie emozioni probabilmente aiuterebbero a creare un mondo migliore. Il romanzo ha contenuti forti per cui è molto probabile che Zia Concezione non vi permetterebbe di leggerlo…

domenica 4 settembre 2016

Presto disponibile Il dio danzante - delitto nel Salento

Sarà presto disponibile Il dio danzante – delitto nel Salento, la terza avventura di Rosario Saru Santacroce. Stavolta il cronista salentino ‘gioca’ in casa e seguendo le indagini per la cattura di un pericoloso latitante della Scu evaso svela anche la storia, le ricchezze e i tesori della sua amata terra. La capitale del Barocco, le sue marine, il suo entroterra, i suoi angoli di storia e la foga degli eventi, anche drammatici, che l’hanno segnata fanno da sfondo a questo thriller che vi terrà inchiodati dalla prima all’ultima pagina. Il dio danzante (il famoso sciamano neolitico che domina nella Grotta dei Cervi) permette ai lettori di scoprire ancor più da vicino la magia della terra baciata dai due mari. Tanti i risvolti, anche personali e dolorosi, che caratterizzano questo romanzo impastato con la solita verve divertente e graffiante del personaggio nato dalla penna di Cesario Picca. Come nelle precedenti due avventure – Tremiti di paura e Gioco mortale – anche in questo racconto si intrecciano fantasia e realtà, cronaca e racconto, storia e attualità, gusto per la buona tavola e amore per la vita. Con le sue riflessioni e con il colpo di scena finale ancora una volta sarà quanto meno problematico fare i conti con le proprie certezze e le proprie convinzioni.